CORRUZIONE-La proposta del Fatto, persa nei cassetti
Polvere sei e polvere ritornerai. Niente da fare: in Italia, una legge che sconfigga la corruzione ha il destino segnato. Ci si prova dalla fine di Tangentopoli, ma il massimo a cui possa aspirare, la tagliola alle mazzette, è riposare in pace in qualche commissione del Parlamento nazionale. È successo al disegno di legge scritto dal governo, ma questa non è una notizia. D’altronde, era stato scritto in fretta e furia in un Consiglio dei ministri convocato d’urgenza il 1 marzo del 2010, lo stesso giorno in cui i giudici di Milano aspettavano Silvio Berlusconi per un’udienza del processo per i diritti televisivi Mediaset. Ma è successo anche al disegno di legge che avevamo proposto su Il Fatto e che era stato preso sotto braccio da alcuni parlamentari dell’opposizione: il finiano Fabio Granata, il leader Idv Antonio Di Pietro, il senatore Pd Luigi Zanda.
Di comune accordo, avevano deciso che il viaggio della legge cominciasse dal Senato. Lì dorme già una legge simile presentata dall’Italia dei Valori ad inizio legislatura. Per provare ad accelerare la corsa, dal disegno di legge era stata scorporata la ratifica della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla corruzione: a Strasburgo l’hanno approvata il 4 novembre 1999, noi la dobbiamo ancora recepire nel nostro ordinamento. Dorme, anche quella, in commissione Esteri: è tutto pronto per il voto, mancano solo i parlamentari del Pdl, che sistematicamente fanno mancare il numero legale.
In commissione Giustizia invece, i senatori ci vanno. E tengono il calendario dei lavori sotto controllo. All’esame dovrebbero andare quattro provvedimenti: la famigerata proposta del governo e le altre tre scritte da Pd, Italia dei Valori e Udc. “Si è iniziata la discussione generale – ricorda il senatore Idv Luigi Li Gotti – Poi a un certo punto abbiamo detto: lasciamo perdere, presentiamo subito gli emendamenti, così acceleriamo i lavori, e poi ne discutiamo”. Così è stato, il 6 ottobre scorso. Ma sui quegli emendamenti, prima che vengano messi al voto, serve il parere del governo. E lì la polvere è cominciata a scendere. Racconta ancora Li Gotti: “Ho chiesto a Caliendo (il sottosegretario alla Giustizia coinvolto nell’inchiesta P3, ndr) che fine avessero fatto: mi ha risposto che sono coinvolti cinque ministeri, i tempi sono lunghi…”. Ora Li Gotti e la senatrice Pd Silvia Della Monica hanno chiesto che l’esame del ddl venga messo in calendario, in modo che anche al governo venga data una scadenza. Ma per ora, all’orizzonte nulla. Una spiegazione non c’è: “Siamo paralizzati, aspettiamo qualcosa che non arriva mai. È il deserto dei tartari. L’idea che mi sono fatto è che non vogliono appesantire le commissioni per essere liberi di infilare qualcosa che stanno preparando. Siamo tutti in attesa di essere illuminati dal pensatoio dei giuristi del Pdl”. Conferma il senatore Zanda: “Il governo monopolizza l’attività legislativa: ci fanno votare solo decreti e maxi-emendamenti”.
Una volta licenziato dal Senato, il disegno di legge sarebbe dovuto arrivare alla Camera. Li Gotti ha già inviato ai colleghi di Montecitorio la bozza da cui partire. E, conoscendo i ritmi dell’attività legislativa, i deputati Antonio Di Pietro e Donatella Ferranti del Pd, si sono portati avanti, presentando due proposte distinte. Il finiano Fabio Granata ne ha discusso all’inizio dell’anno con i colleghi Idv, ma confessa che “i fatti a volte superano la nostra immaginazione, adesso il tema è cercare di trovare una maggioranza in Parlamento”. Nel frattempo, due settimane fa al Senato è arrivata una nuova proposta. La firma il deputato Pdl Giuseppe Valentino e modifica alcuni articoli del codice penale in materia di delitti contro la pubblica amministrazione. La concussione è l’ultimo dei reati che vede imputato il premier, chissà se stavolta la polvere riusciranno a soffiarla via.