Quel duro giudizio sul Cavaliere E tornano le ombre dei conti esteri
IL LUNGO DUELLO
Quel duro giudizio sul Cavaliere E tornano le ombre dei conti esteri
I soldi al giudice Metta e la sentenza su Previti
Meglio sborsare 560 milioni che 750. Ma, quasi quasi, conveniva non risparmiare (come padrone di Fininvest) i 190 scontatigli dalla Corte d’Appello, piuttosto che farsi stampare l’etichetta (come premier) di corruttore di giudice.
Costa infatti caro al premier, in reputazione, il risparmio economico di un quarto dei 750 milioni inflitti alla sua Fininvest nel 2009 dal giudice Mesiano come risarcimento alla Cir: in 283 pagine la sentenza civile d’Appello, che gli fa lo sconto, è molto più incisiva e stringente nell’indicarlo «corresponsabile» della medesima «corruzione» costata nel 2007 all’avvocato Cesare Previti e al giudice Vittorio Metta condanne penali definitive, e invece sfociata per Berlusconi nel 2001 nella prescrizione. E sancisce che il controllo della prima casa editrice del Paese è in mano a chi 20 anni fa si avvantaggiò della compravendita di una sentenza: l’annullamento in Corte d’Appello civile a Roma il 24 gennaio 1991 del «lodo Mondadori», cioè della decisione di un collegio arbitrale di tre giuristi scelti dalle parti per dirimere l’interpretazione (controversa nella contesa con Berlusconi per il controllo dell’azienda editoriale) degli accordi con la famiglia Formenton, erede delle quote del genero di Arnoldo Mondadori. Quel lodo arbitrale era stato favorevole a De Benedetti, ma il suo annullamento spianò la strada a Berlusconi, giacché pose la Cir nella condizione di trattare da una posizione molto più debole il compromesso con Fininvest: transazione mediata dall’allora imprenditore andreottiano e oggi parlamentare pdl Giuseppe Ciarrapico, e infine culminata nella spartizione tra libri, settimanali (tra cui Panorama) e un conguaglio di 365 miliardi di lire a Berlusconi, e invece Espresso, Repubblica e i quotidiani locali a De Benedetti.
Nel penale un’altalena di 7 processi tra il 1996 e il 2007 ha infine stabilito in via definitiva che in cambio dell’annullamento del lodo arbitrale Previti, nell’interesse dell’azienda di Berlusconi, insieme ai legali Attilio Pacifico e Giovanni Acampora fece pervenire al giudice Metta 400 milioni di lire in contanti, provenienti dai 2 milioni e 732.868 dollari (3 miliardi di lire) che appena 20 giorni dopo la sentenza di Metta i conti esteri Fininvest All Iberian e Ferrido avevano bonificato il 14 febbraio 1991 al conto svizzero Mercier di Previti. Le sentenze definitive il 13 luglio 2007 inflissero al giudice Metta 2 anni e 9 mesi (in continuazione con altri 6 anni per la corruzione nel processo Imi-Sir), e 18 mesi a Previti (in aggiunta ai 6 anni di Imi-Sir).
L’unico a non subire conseguenze penali fu proprio Berlusconi, che nel 2001 aveva visto Previti e Metta rinviati a giudizio dalla Corte d’Appello su ricorso dei pm contro l’iniziale proscioglimento di tutti, mentre egli era stato l’unico a giovarsi delle attenuanti generiche che ne avevano determinato la prescrizione. Ma ieri i giudici civili, paradossalmente proprio accogliendo la tesi di Fininvest che non voleva essere schiacciata sotto il peso della condanna penale di Previti maturata in processi nei quali la società non era presente, rifanno «un autonomo giudizio sulla sussistenza della vicenda corruttiva e sulle responsabilità». Anche del premier, sul cui conto valorizzano «la provenienza di 2.732.868 dollari bonificati a Previti (in vista delle già dimostrate finalità corruttive) dai conti All Iberian e Ferrido dei quali è accertata l’appartenenza a Fininvest», e «la posizione di vertice in Fininvest».
Va bene tutto, ragionano i giudici, ma «è fuori da ogni plausibile logica che nel febbraio 1991 una qualsiasi persona fisica abbia versato 3 miliardi di lire di Fininvest a Previti, in mancanza di una obbligazione debitoria nei suoi confronti, perché li gestisse nell’interesse della medesima Fininvest anche e soprattutto a fini corruttivi, tenendo all’oscuro il proprietario della società pagatrice e beneficiaria. E’ ovvio che nessun gestore o collaboratore, neppure al più alto livello, avrebbe mai assunto su di sé la responsabilità ed il rischio in mancanza di un’univoca direttiva del dominus», a meno non si voglia credere ad «audaci corruttori che in autonomia sottraggono 3 miliardi a Fininvest per consumare una corruzione “clandestina” rispetto allo stesso soggetto pagatore e beneficiario dell’illecito»: una tangente «per immedesimazione organica». Invece nel «mondo della normalità è certo, essendo il contrario addirittura irreale, che il dominus della società abbia promosso o consentito la condotta criminosa, realizzata con denaro suo ed a suo illecito profitto attraverso esecutori materiali a lui strettamente legati».
Già 10 anni fa in sede penale «in base al materiale probatorio disponibile non è emersa l’evidente innocenza dell’imputato», e «il proscioglimento fu disposto solo a seguito della concessione delle attenuanti generiche». Benché dal 1992 il privato corruttore e il magistrato corrotto rischiassero la stessa pena, la giurisprudenza riteneva che per l’ipotetico «corruttore privato» (Berlusconi) non potessero valere le stesse pene del «corrotto magistrato» (Metta) fra il 26 aprile 1990 e il 7 febbraio 1992, cioè nel periodo nel quale le norme sulla corruzione dei magistrati non lo prevedevano espressamente. La contestazione a Berlusconi (400 milioni nel 1991 a Metta) cadeva proprio in questo vuoto normativo, e così prevalse la tesi che per il «privato» Berlusconi le pene teoricamente applicabili fossero quelle non della «corruzione in atti giudiziari», ma della «corruzione semplice», più basse ed esposte alla prescrizione. Qui infatti entrarono in gioco le attenuanti generiche, negate a Previti e Metta, ma nel 2001 concesse al premier nel presupposto avesse agito «nell’ambito di un’attività imprenditoriale le cui zone d’ombra non possono condurre a una preconcetta valutazione ostativa» ora che le sue «attuali condizioni individuali e sociali» sono di «oggettivo rilievo»: quelle attenuanti ebbero l’effetto di dimezzare i termini massimi da 15 anni a 7 anni e mezzo, facendo appunto scattare il proscioglimento per prescrizione ridatata al 14 ottobre 1999. E per i giudici civili ciò «comporta necessariamente la seguente progressione logica: la Corte, che in sede penale prosciolse Berlusconi, doveva aver messo in relazione un fatto storico costituente reato attribuito all’imputato» Berlusconi (la corruzione del giudice Metta) «con le valutazioni di concessione delle attenuanti generiche. Il primo elemento è logicamente precedente al secondo. E, per svolgere l’operazione logica, non si può che postulare la sussistenza del reato come ascritto all’imputato».