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Napoli, alla società che gestisce i rifiuti il “testimone di giustizia” Raphael Rossi
Napoli, alla società che gestisce i rifiuti il “testimone di giustizia” Raphael Rossi
( da Il Fatto Quotidiano)
Il nome del torinese che all’Amiat denunciò un tentativo di corruzione finalizzato all’acquisto di macchinari inutili facendo risparmiare ai cittadini 4,2 milioni di euro, è il più probabile per un posto nel Cda dell’Azienda servizi igiene ambientale. Sul tavolo c’è la promessa di De Magistris di raggiungere entro sei mesi cifre di raccolta differenziata superiori al 50 per cento
L’impegno sul fronte della legalità. E’ il tratto distintivo della nuova giunta che Luigi de Magistris annuncerà domani sera, composta da uomini e donne impegnate a vari livelli contro corruzione e mafie. Nella rosa di nomi che guideranno il nuovo corso c’è una novità delle ultime ore che cammina in questo solco. All’Azienda servizi igiene ambientale (Asia), la società di proprietà del Comune che gestisce i rifiuti a Napoli, bisogna rinnovare il Consiglio di amministrazione dopo le dimissioni, non le sole, dell’amministratore delegato Daniele Fortini. E per un posto nel Cda è sempre più probabile la nomina di Raphael Rossi.
Chi è Raphael Rossi? Giovane esperto di raccolta differenziata porta a porta, ha lavorato nell’azienda municipalizzata di Torino, l’Amiat, dove ha denunciato un tentativo di corruzione finalizzato all’acquisto di macchinari inutili facendo risparmiare ai cittadini 4,2 milioni di euro. I responsabili sono a processo grazie alla sua denuncia e lui è testimone chiave. Raphael Rossi non lavora più all’Amiat e, più volte, ha sottolineato l’isolamento subito dalle istituzioni e la vicinanza dei cittadini. La sua storia è stata resa nota da Report il 17 ottobre 2010 nel corso dello spazio “C’è chi dice no” e da Annozero, il 21 ottobre, intervistato da Giulia Innocenzi. Anche Il Fatto Quotidiano si è occupato di Raphael Rossi con la campagna “Adotta un semaforo contro la corruzione”, un modo per mettere insieme i “signori rossi” (dal cognome più comune in Italia), persone comuni a favore di comportamenti che dovrebbero essere comuni, ma che stanno diventando sempre più rari.
Ora potrebbe mettere la sua professionalità a disposizione della città di Napoli che deve uscire dall’eterna emergenza. Una sfida non semplice. Sul tavolo c’è la promessa del neo-sindaco di raggiungere entro sei mesi cifre di raccolta differenziata superiori al 50 per cento. Non solo, perché dal primo gennaio 2012 le due ditte private che curano lo spazzamento e la raccolta dei rifiuti in una parte della città di Napoli dovranno essere rimpiazzate dall’Asia che dovrà coprire l’intero territorio cittadino, con un prevedibile aumento e migliore uso della pianta organica dell’azienda.
E che la questione dei rifiuti sia centrale per il neosindaco De Magistris, si capisce anche dalla nomina a vicesindaco con delega all’Igiene Urbana e all’Ambiente dell’attuale consigliere dimissionario della Provincia, in quota Federazione della Sinistra, Tommaso Sodano. Anche in questo caso, una storia politica segnata dalla denuncia delle ecomafie e della cricca dei rifiuti. L’ex senatore, durante la campagna elettorale del 2008, ha vissuto sotto scorta dopo i proiettili e le intimidazioni subite per avere segnalato le infiltrazioni di ditte colluse nel ciclo dei rifiuti.
Mafia al Nord, a Milano beni confiscati triplicati in due anni
Mafia al Nord, a Milano beni confiscati triplicati in due anni
(da Il Fatto Quotidiano)
La criminalità organizzata insidia la capitale economica italiana. Preoccupanti i dati contenuti nella relazione del ministero della Giustizia al Parlamento. Per la prima volta negli ultimi due anni il capoluogo lombardo entra nella poco invidiabile classifica delle prime cinque città per numero di confische. A livello nazionale, il valore dei beni pignorati negli ultimi 5 anni sfiora i 400 milioni di euro
Mafia e camorra insidiano sempre più fortemente la città di Milano, capitale economica dell’Italia. E’ questo il dato contenuto nella relazione del ministero della Giustizia al Parlamento sui beni confiscati alla criminalità organizzata. Per la prima volta negli ultimi due anni il capoluogo lombardo entra nella poco invidiabile classifica delle prime 5 città italiane per numero di beni confiscati. Nel biennio 2009-2010, si legge ancora nella relazione, sono stati 65 i procedimenti di alienazione al pubblico, mentre nei due anni precedenti erano solo 25. Le confische si sono quindi quasi triplicate nel giro di poco tempo.
Milano è però al terzo posto nella classifica nazionale per il valore dei beni pignorati alla criminalità: 33 milioni di euro tra il 2008 e il 2009, contro i 72 di Palermo e gli oltre 42 di Reggio Calabria.
Non c’è ancora nulla di paragonabile con i “numeri” di Palermo e Napoli, prime in classifica per laquantità degli immobili (ma non solo, perchè sono poco più del 50%) passati dalle mani della mafia a quelle dello Stato: 302 nell’ultimo biennio (più 130, rispetto al 2007-2008) per il capoluogo siciliano; 160 (più 66) per quello campano.
La relazione del ministero fa notare che la sottrazione per mano della magistratura dei beni dei criminali interessa in modo particolare alcune zone del Sud. Ma poi osserva:“L’area settentrionale, e in particolare la città di Milano, comincia ad evidenziare un certo interesse, con il dato record di 35 procedimenti nell’ultimo anno. L’eccezione della Lombardia – conclude la relazione – è da tenere d’occhio”.
Nella banca dati del ministero, costituita proprio per monitorare le varie fasi dei pignoramenti, sono 1.344 le procedure in corso su Milano che potrebbero concludersi con l’acquisizione pubblica di altrettanti beni mafiosi, spesso di notevole valore.
A livello nazionale, il valore dei beni pignorati alla criminalità organizzata negli ultimi 5 anni in Italia sfiora i 400 milioni di euro. Il computo è stato fatto sui beni già destinati a uso pubblico e quindi pienamente riutilizzati dalla società civile. La cifra, per l’esattezza è di 399.348.830 euro.
Il documento sottolinea che la valutazione è approssimativa, anche perchè Stato e Comuni, quando entrano in possesso degli ex beni mafiosi, sono più impegnati ad adattarli alle nuove esigenze che a stabilirne con precisione il valore venale.
Il Sud fa la parte del leone nella restituzione dei beni mafiosi alla collettività. Negli ultimi 5 anni Sicilia e Mezzogiorno hanno sfiorato l’80% del numero delle proprietà trasferite allo Stato o ai Comuni. A quota 5% si è attestato il Centro, mentre il Nord è al 16%.
Questa la destinazione dei beni pubblicamente riutilizzati al livello nazionale dallo Stato: 77% a sedi delle forze dell’ordine pubblico; 1% alla giustizia; 9% alla Protezione Civile; il 13% è stato assegnato ad altri scopi. Ai Comuni sono andati negli ultimi 5 anni oltre i due terzi dei beni riassegnati. Li hanno destinati al 63% a scopi sociali (sedi di associazioni, centri anziani, centri attività sportive) e al 36% per usi istituzionali, come l’emergenza abitativa, le scuole e gli uffici pubblici.
Il piccolo Berlusconi di Cento: “Compravendita di consiglieri? Così facevan tutti”
Il piccolo Berlusconi di Cento: “Compravendita di consiglieri? Così facevan tutti”
(da Il Fatto Quotidiano)
Al processo all’ex sindaco si apre uno spaccato di scambi di favori, poltrone, soldi. L’imputato Tuzet in tribunale spiega ai giudici: “Ero circondato da persone incapaci, e dovevo muovermi in mezzo ai ricatti”
Un sindaco sotto ricatto. Si presenta così Flavio Tuzet davanti ai giudici del tribunale di Ferrara. L’ex primo cittadino di Cento è imputato di istigazione alla corruzione e minacce. Del processo a suo carico Il Fatto Quotidiano Emilia-Romagna ha già parlato. Era la primavera del 2008 e la sua maggioranza stava scricchiolando dopo l’uscita di tre consiglieri. Di fronte allo spettro del commissariamento andò in scena una corposa “campagna acquisti”, con offerta di soldi e poltrone ai reprobi e minacce nei confronti di un consigliere dell’opposizione.
Ora tocca a lui difendersi. E a sentire le sue dichiarazioni più che un aula di giustizia sembra di spiare all’interno di un confessionale. “Ero circondato di incapaci e dovevo muovermi in mezzo ai ricatti” sospira davanti alle toghe. È solo il preludio al rosario di affari, favori, scambio di poltrone che, con un candore disarmante, sta per salmodiare.
Un episodio su tutti. All’indomani della sua elezione viene avvicinato da Paolo Matlì, oggi coordinatore comunale del Pdl, all’epoca in forza ad Alleanza nazionale, partito di riferimento anche dell’ex primo cittadino. “Mi disse dopo pochi mesi dal mio insediamento che poteva farmi cadere quando voleva, perché aveva 270mila euro a disposizione per corrompere sei consiglieri di maggioranza”. La circostanza viene confermata nel corso del dibattimento dal coimputato che parlerà dopo di lui.
Ma i soldi non erano l’unica moneta di scambio in questo feudo del centrodestra consegnato dal ballottaggio del 30 maggio al centrosinistra. “Ci sono i posti della Fondazione Patrimonio Studi, dove su cinque consiglieri tre sono di nomina politica spettante al Comune, c’è la Cmv… Si decide a chi darli, come penso facciano tutti”.
Uno di questi posti andò proprio ad Antonio Baroni uno dei consiglieri più contesi al momento del voto di fiducia del 2008 (fu lui a denunciare ai carabinieri il presunto tentativo di corruzione operato nei suoi confronti). Al processo Baroni disse che gli vennero offerti 20mila euro per far cadere Tuzet.
“Baroni mi diceva che eravamo seduti sopra una montagna d’oro e che bastava allungare la mano per prenderlo – racconta Tuzet -. In quei giorni mi confidò che era stato avvicinato per votare contro il bilancio. Aggiunse che gli offrirono 20mila euro, ma che lui ne valeva almeno 50mila. Chiese del denaro anche a me”.
Baroni non voterà contro e otterrà una poltrona alla Patrimonio studi e successivamente nel collegio della Fondazione Zanandrea. “Incarichi non di responsabilità, ma di mera visibilità” specifica l’imputato. E in effetti a quel tempo i consiglieri della Patrimonio studi non erano retribuiti. Ci penseranno loro stessi a darsi lo stipendio, deliberando una prebenda di 600 euro mensili.
Un’altra comoda poltrona finì nel curriculum di Adriano Orlandini. Stiamo parlando dell’uomo che, a capo della coalizione di centrosinistra sfidò Tuzet al ballottaggio di cinque anni fa. Insomma il capo dell’opposizione. Fu il suo voto a salvare colui che fino ad allora era il suo nemico politico numero uno. Dal successivo rimpasto gli verrà affidata la carica di presidente del consiglio comunale (“incarico retribuito con circa 1000/1500 euro al mese”), “proprio in funzione del suo aiuto” ammette Tuzet, salvo poi correggere il tiro e aggiungere che “con lui si era fatto un più ampio discorso politico per iniziare un nuovo corso”.
Cambi di casacca e manovre che non avevano lasciato indifferente l’elettorato. “Voci”, come le definiscono i testimoni, di compravendite di consiglieri giravano con insistenza a Cento. Con tanto di listino prezzi e scommesse al rialzo. Come al più classico mercato delle vacche.
E allora il pm Nicola Porto gli chiede se ne fosse a conoscenza, di queste voci. “Giravano da sempre” ammette quasi stupito dalla domanda Tuzet: “questo è l’ambiente in cui mi sono venuto a trovare; io ho solo cercato di evitare il commissariamento del Comune, perché sarebbe stato ancora peggio per Cento”.
Le “confessioni” di questo medico prestato alla politica vanno verso la conclusione. Non prima però di spargere un po’ di fiele dietro la sua porta che si chiude. “Si andava avanti a ricatti – allarga le braccia -. E bisognava accettare. Non credo che sia una cosa tanto strana, nei Comuni è la normalità”.
Una normalità che è costata la sconfitta elettorale. Ma Tuzet non si cruccia. Anzi. “Sono contento che il Comune sia passato al centro-sinistra”.
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«LE AUTORITÀ ITALIANE NON HANNO DEDICATO LA NECESSARIA ATTENZIONE»
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