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Il presidente Rossi: “Durante il mio mandato lavorerò per ripulire Napoli innanzitutto dalla corruzione”
In riferimento alla notizia dell’arresto ex ad di Enerambiente e del probabile coinvolgimento di funzionari ASIA Napoli (articolo di Repubblica.it) l’azienda esorta la magistratura a procedere con le indagini per chiarire la posizione dei dipendenti Asia coinvolti nelle tangenti ad Enerambiente.
Asia Napoli ha attivato la collaborazione con Magistratura e forze dell’ordine fin dal momento in cui l’azienda ha percepito l’insorgere di fenomeni indesiderati. Questa direzione continuerà sotto la presidenza di Raphael Rossi in tutte le sedi affinché sia fatta piena luce sugli accadimenti che hanno creato gravi danni all’azienda e siano perseguite tutte le responsabilità e puniti i colpevoli.
Il presidente Rossi sottolinea, infatti, la missione di legalità e trasparenza di Asia Napoli: “Durante il mio mandato lavorerò per ripulire Napoli innanzitutto dalla corruzione. Abbiamo denunciato alle autorità competenti questi episodi di malversazione di cui ASIA Napoli spa è vittima e non artefice. Tali episodi minano il rapporto di fiducia e collaborazione che stiamo creando con i cittadini napoletani e rendono ancora più complicato il nostro impegno, che sottolineo ancora è stra-ordinario, per uscire dall’emergenza rifiuti e abituarci a una normalità del servizio”.
Combattere la corruzione significa esaltare e incoraggiare i molti comportamenti virtuosi sul territorio tenuti con impegno straordinario dal personale ASIA e dai tanti cittadini, che collaborano attivamente come nelle diverse aree cittadine in cui si fa la raccolta “Porta a Porta” (per esempio a Chiaiano, Scampia, Ponticelli ecc.).
ASIA Napoli deve continuare a essere un presidio di legalità per impedire che isolati casi di corruzione macchino il lavoro degli operatori e ostacolino il rapporto di collaborazione e fiducia costruito finora con i cittadini.
Conclude Raphael Rossi: “Il mio pensiero ora va ai dipendenti ASIA Napoli e ai cittadini napoletani: vorrei che interpretassero questi accadimenti come segnale di attenzione e presenza di Asia Napoli affinché la pulizia della città passi innanzitutto dalla netta contrapposizione all’illegalità”.
SOS corruzione: “Come difendersi da un’azienda che trattiene una parte dello stipendio come “commissione”?
LA VOSTRA DOMANDA: Per assumermi in una azienda privata un responsabile aziendale mi ha chiesto di pagargli in nero una “commissione” pari ai due primi stipendi… di che reato si tratta?
La risposta degli esperti di SOS corruzione.
Il responsabile aziendale commette reato di tentata estorsione (artt. 56 e 629 c.p.), in quanto tende a farsi corrispondere una somma che non gli spetta sotto la minaccia del “o mi dai questi soldi o non ti assumo”. Se il denaro viene dato, si realizza l’estorsione.
Art. 629.
Estorsione.
Chiunque, mediante violenza o minaccia, costringendo taluno a fare o ad omettere qualche cosa, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni e con la multa da euro 516 a ero 2.065.
La pena è della reclusione da sei a venti anni e della multa da euro 1.032 a euro 3.098 se concorre taluna delle circostanze indicate nell’ultimo capoverso dell’articolo precedente.
Art. 56.
Delitto tentato.
Chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, risponde di delitto tentato, se l’azione non si compie o l’evento non si verifica.
Il colpevole di delitto tentato è punito:; con la reclusione non inferiore a dodici anni, se la pena stabilita è l’ergastolo; e, negli altri casi con la pena stabilita per il delitto, diminuita da un terzo a due terzi.
Se il colpevole volontariamente desiste dall’azione, soggiace soltanto alla pena per gli atti compiuti, qualora questi costituiscano per sé un reato diverso.
Se volontariamente impedisce l’evento, soggiace alla pena stabilita per il delitto tentato, diminuita da un terzo alla metà.
IL GRUPPO TECNICO DI SOSTEGNO ATTIVO PER SOS CORRUZIONE
RACCONTA LA TUA STORIA E PONI LA TUA DOMANDA A SOS CORRUZIONE
SOS corruzione: “Come comportarsi in caso di corruzione tra privati?”
LA VOSTRA DOMANDA – “Opero nel settore privato in veste di procacciatore d’affari – se un dipendente di una società privata mi chiede un certo importo per far lavorare la mia azienda come mi devo comportare? Quali sono i primi atti da porre in essere soprattutto in forza del fatto che l’azienda rappresentata dal mio potenziale Cliente adotta e pubblicizza l’adozione di un codice etico?”
La risposta degli esperti di SOS CORRUZIONE .
La risposta starebbe nelle parole del procuratore antimafia Grasso che l’anno scorso invitò il legislatore a punire anche la corruzione tra privati. In realtà esiste nell’ordinamento europeo una decisione quadro che invita gli stati membri a punire e reprimere il fenomeno della corruzione tra soggetti privati, in quanto attività anticoncorrenziale e pertanto lesiva della libertà economiche.
Infatti il testo della decisione – quadro n. 568 del 22 luglio 2003 ha previsto che gli stati membri hanno il dovere di punire le seguenti condotte, rientranti per l’appunto nella fattispecie della corruzione tra privati:
a) promettere, offrire o concedere, direttamente o tramite un intermediario, un indebito vantaggio di qualsiasi natura ad una persona, per essa stessa o per un terzo, che svolge funzioni direttive o lavorative di qualsiasi tipo per conto di un’entità del settore privato, affinché essa compia o ometta un atto in violazione di un dovere; e poi
b) sollecitare o ricevere, direttamente o tramite un intermediario, un indebito vantaggio di qualsiasi natura, oppure accettare la promessa di tale vantaggio, per sé o per un terzo, nello svolgimento di funzioni direttive o lavorative di qualsiasi tipo per conto di un’entità del settore privato, per compiere o per omettere un atto, in violazione di un dovere.
Allo stesso tempo vengono previste ulteriori pene nel caso in cui i soggetti che compiano atti corruttivi siano preposti a ruoli dirigenziali all’interno di persone giuridiche, per cui la responsabilità penale sarà a capo di queste società ex legge 231/2001.
Tuttavia ad ora il nostro legislatore non ha ancora provveduto a far seguito a tale decisione, sebbene da più parti siano sorte voci affinchè venisse inserita nel nostro ordinamento una fattispecie penale relativa alla corruzione tra privati.
Il comportamento antietico che emerge dalla lettera potrebbe avere una rilevanza civilistica configurando una responsabilità precontrattuale (art. 1337 c.c.). L’interesse tutelato in questo caso sarebbe solamente un interesse negativo consistente nel risarcimento del danno pari alle spese sostenute e alla perdita di tempo per le trattative non andate a buon fine a causa del comportamento scorretto dell’altra parte.
Come si vede il nostro ordinamento attualmente ritiene la corruzione tra privati una semplice questione di malafede, disinteressandosi del fatto che la medesima sia assolutamente distorsiva dell’economia e anticoncorrenziale, facendo orecchie da mercanti anche ai richiami che sopraggiungono dall’Unione Europea.
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SOS corruzione: “La corruzione esiste tra privati?”
LA VOSTRA DOMANDA: “La corruzione esiste tra privati nell’ordinamento italiano?”
La risposa degli esperti di SOS CORRUZIONE .
No, la corruzione, nell’ordinamento penale italiano, non esiste tra privati, in quanto definisce la corruzione il reato realizzato dal pubblico ufficiale che riceve denaro o altra utilità, per sé o per altri, in cambio del compimento di atto del proprio ufficio (art. 318 c.p.), oppure di atto contrario al proprio ufficio (art. 319 c.p.). Quest’ultima ipotesi è sanzionata più gravemente.
Art. 318.
Corruzione per un atto d’ufficio.
Il pubblico ufficiale, che, per compiere un atto del suo ufficio, riceve, per sé o per un terzo, in denaro od altra utilità, una retribuzione che non gli è dovuta, o ne accetta la promessa, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Se il pubblico ufficiale riceve la retribuzione per un atto d’ufficio da lui già compiuto, la pena è della reclusione fino a un anno.
Art. 319.
Corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio.
Il pubblico ufficiale che, per omettere o ritardare o per aver omesso o ritardato un atto del suo ufficio, ovvero per compiere o per aver compiuto un atto contrario ai doveri di ufficio, riceve, per sé o per un terzo, denaro od altra utilità, o ne accetta la promessa, è punito con la reclusione da due a cinque anni.
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Il grido di Pino Masciari per la giustizia e la libertà
Un eroe a Casa Fenderl. Non si può definire altrimenti, Pino Masciari, imprenditore calabrese che da quasi 15 anni “non vive” per aver avuto il coraggio di non pagare il pizzo…
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