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«Avevano una provvista di 6 milioni per le mazzette e i fondi illeciti»
INCHIESTA P3 – IL DOCUMENTO
«Avevano una provvista di 6 milioni per le mazzette e i fondi illeciti»
ROMA—Una provvista di sei milioni a disposizione della P3 per corrompere funzionari pubblici e finanziare parlamentari del Pdl. Sono tre, ipotizza la procura, i deputati e senatori del centrodestra coinvolti in versamenti illeciti e mazzette: Denis Verdini, uno dei coordinatori del Pdl, il suo braccio destro Massimo Parisi, e Marcello Dell’Utri. Si legge nel capo di imputazione della procura che gli imprenditori forlivesi Alessandro Fornari e Fabio Porcellini avrebbero preso parte all’associazione segreta «fornendo il sostegno economico necessario, tra l’altro, a creare la provvista destinata alla corruzione dei pubblici funzionari e ai finanziamenti illeciti a favore di membri del Parlamento». I due, prosegue l’atto d’accusa dei magistrati, avrebbero versato «ripetutamente a Flavio Carboni (il faccendiere sardo considerato uno dei promotori dell’organizzazione, ndr), Verdini e Dell’Utri somme ingenti di denaro, quantificabili complessivamente in sei milioni di euro, che prelevavano dalle casse di società loro gestite e trasferivano a Carboni e agli altri con la complicità di prestanomi ». In particolare, gli imprenditori di Forlì avrebbero versato ottocentomila euro ai deputati Verdini e Parisi. Il senatore Dell’Utri, invece, avrebbe ottenuto centomila euro. «Nel corso dell’anno 2009 —sostiene la procura—Verdini e Parisi ricevevano, e Porcellini e Fornari concedevano, contributi per un valore complessivo di ottocentomila euro provenienti dal patrimonio delle società Ris Real Estate srl, Building srl, Sardinia Renewable Energy Project srl e Glassapack srl senza che fosse intervenuta la deliberazione dell’organo societario e senza che i contributi fossero regolarmente iscritti nel bilancio delle società concedenti».
Somme erogate e quote societarie
Il denaro sarebbe stato versato ai deputati attraverso un meccanismo complicato. Il capo di imputazione infatti ricostruisce la vicenda dal 2005, quando «la Società toscana di edizioni (Ste srl) aveva concesso un finanziamento a Verdini nella misura di 1.560.000 e a Parisi nella misura di 1.040.000». Il contributo era stato «dissimulato sotto l’apparenza di corrispettivo versato a fronte dell’impegno » da parte dei due deputati «di cedere alla Ste le quote della Nuova Toscana Editrice da loro detenute». L’accordo era stato formalizzato in un contratto preliminare, ma quando la vendita era saltata Verdini e Parisi non avevano restituito alla Ste «le somme da questa erogate».
I prestanomi e gli assegni
Quattro anni dopo, nel 2009, sono Fornari e Porcellini che consegnano ad Antonella Pau e a Giuseppe Tomassetti, ovvero la partner e l’autista di Carboni, «di fatto suoi prestanomi», alcune «somme di denaro che i medesimi, in accordo con i coimputati, provvedevano a versare alla Ste, apparentemente a titolo di corrispettivo della cessione quote, in realtà a titolo di pagamento di parte del debito (nella misura di ottocentomila euro) di Verdini e Parisi nei confronti» della società. Per l’accusa si tratta di contributi irregolari perché non iscritti a bilancio, come quello versato da Fornari al senatore del Pdl. Centomila euro che, scrivono il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e il pm Rodolfo Sabelli, «pervenivano a Dell’Utri per il tramite della Pau (la quale agiva su istigazione e per conto di Carboni), la quale versava al predetto in data 5 gennaio 2010 la somma complessiva di euro 50.000 e in data 8 gennaio 2010 girava al medesimo assegni per un importo totale di 49.999,96 euro emessi dalla Glasspack srl». Entrambi i versamenti che sarebbero avvenuti a Milano.
Finti contratti per immobili
Altri cinque milioni e mezzo sarebbero stati trasferiti a Carboni. Infatti Fornari e Porcellini, «per procurarsi un ingiusto profitto consistente nei vantaggi economici derivanti dall’appoggio assicurato dai vertici» dell’associazione segreta, «si appropriavano indebitamente delle somme di seguito indicate sottraendole dalle casse delle società, con conseguente rilevante danno per queste ultime, e trasferendole senza titolo a Carboni, per il tramite di Antonella Pau, Maria Laura Scanu Concas e Giuseppe Tomassetti, nel ruolo di prestanomi, dissimulando tale sottrazione mediante contratti strumentali e simulati». Si tratta di un contratto preliminare di compravendita di un immobile (un milione) e di due contratti di cessione quote. Verdini e Dell’Utri (ma non Parisi) sono accusati anche di corruzione. Non avrebbero intascato le tangenti: insieme a Carboni, avrebbero avuto un ruolo di «ufficiali pagatori» nei confronti di tre funzionari pubblici: Ignazio Farris (direttore dell’Arpa Sardegna), Pinello Cossu (presidente del consorzio Tea, che si occupa della bonifica e messa in sicurezza delle miniere sarde dismesse) e Marcello Garau (dirigente dell’area ambiente del Comune di Porto Torres). I Tre, ciascuno per conto proprio e in tempi diversi, per la procura avrebbero accettato «la promessa di denaro o altre utilità (consistenti in un futuro rapporto di impiego o comunque di cointeresse nelle società gestite da Carboni e destinate a operare nel settore della produzione dell’energia eolica) fatta dal faccendiere sardo «in accordo con Verdini e Dell’Utri in vista di atti contrari ai doveri d’ufficio»: per agevolare iter burocratici o favorire la concessione di finanziamenti. Soltanto per Cossu, però, i pubblici ministeri sono riusciti a individuare la presunta tangente: nel capo di imputazione la cifra è di cinquemila euro, somma che la Pau avrebbe versato al presidente del consorzio Tea l’8 marzo 2010 a Iglesias.
Lavinia Di Gianvito