Tecnica
Estratto da “C’é chi dice no” di Stefano Di Polito, Alberto Robiati, Raphael Rossi; Ed. Chiarelettere (2013)
L’etica si realizza con le competenze tecniche. In una conferenza cui abbiamo preso parte come relatori, insieme ad altri amministratori pubblici ci si confrontava sulla necessità o meno dei «tecnici» al governo del territorio e dei beni comuni (da pochi mesi si era insediato il famigerato «governo tecnico» di Mario Monti). Il ragionamento, tanto automatico quanto condivisibile, ci portava a chiederci: chi si farebbe sistemare l’auto da un piastrellista? Chi si farebbe compilare la dichiarazione dei redditi da un archeologo? Chi abiterebbe in un condominio progettato da un commercialista? O ancora, chi si farebbe curare da un avvocato? La risposta è stata unanime: molto probabilmente nessuno.
Nonostante questo, ogni giorno sembriamo piuttosto incuranti del fatto che la direzione di servizi prioritari per la qualità della nostra vita sia affidata a inesperti, le cui competenze, quand’anche ci siano quelle manageriali, difettano di una specializzazione tecnica indispensabile per definire strategie lungimiranti, efficienti, oculate, di qualità, sostenibili. Invece, un amministratore pubblico deve possedere, senza appello, anche le competenze tecniche e specialistiche relative al settore in cui opera per i cittadini. Essere esperti della materia è poi indispensabile anche per intervenire nella riduzione degli sprechi, migliorando il servizio attraverso l’innovazione di processi e strumenti, la sperimentazione di modelli alternativi, la capitalizzazione delle esperienze di successo, l’acquisizione e la condivisione di buone pratiche provenienti da altri enti pubblici in Italia e all’estero.
È questa, peraltro, la premessa della rete costituita dai comuni virtuosi, che unisce oltre sessanta paesi di tutto il territorio nazionale distintisi per gestioni efficienti e trasparenti di servizi e attività pubbliche: la mobilità, l’energia, i rifiuti, l’acqua, l’istruzione. Ogni ente locale mette e disposizione degli altri il proprio modello – virtuoso, lungimirante, sostenibile, etico – attuato nella gestione del territorio e dei servizi alla cittadinanza. Molti sindaci e assessori di questi comuni rappresentano un esempio di amministratori pubblici etici, secondo la nostra proposta.
Per continuare a ragionare sulle competenze tecniche, diamo per scontato, anche se non dovremmo, che chi amministra enti pubblici e gestisce i servizi per la collettività o i beni comuni non può prescindere da conoscenze amministrative (diritto e normativa, bilanci e gestione economica). L’area più critica delle organizzazioni pubbliche è quella degli acquisti e degli approvvigionamenti che obbliga chi se ne occupa a definire criteri e paletti per ovviare alle alte possibilità di «inquinamento» (corruzione, turbativa d’asta, appalti truccati ecc.).
Sotto questo profilo, secondo noi sarà sempre più decisiva l’azione di organizzazioni come Avviso Pubblico, che, proponendo una «formazione civile contro le mafie», aggrega gli enti locali (oltre duecento tra comuni, province e regioni di tutta Italia) intenzionati ad affrontare le infiltrazioni della criminalità organizzata e i danni provocati dalla corruzione, e promuove interventi di educazione alla legalità rivolti agli amministratori, alle scuole, alla cittadinanza.